Dall'oro alla tokenomics: l'evoluzione degli investimenti non convenzionali
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Nel corso della Storia, la convenzionalità degli Investimenti ha subito valutazioni diverse. Taluni banchieri anche molto noti del Sette-Ottocento postulavano che la regola aurea nella loro ripartizione fosse un terzo in danaro e valori (metallici e preziosi), titoli azionali e obbligazioni (preponderantemente statali), un terzo in terreni (e immobili) da reddito, un terzo in beni artistici e in generale collezionabili.
Oggi solo gli investimenti finanziari e in immobili vengono considerati convenzionali, mentre i terreni, i valori metallici e i preziosi sono visti per lo più come allocazioni “alternative” dell’attivo e il “collectible” è, per altro verso, relegato al ruolo di investimento “non (più, verrebbe da dire) convenzionale”. Nel frattempo, il novero degli investimenti, allo stato, ‘targabili’ come non convenzionali si è non di meno arricchito di altri protagonisti, come quello in criptovalute (e in token – fra cui gli NFT e gli Ordinals in generale) o in “AI generated artworks”.
Con l’intervento di: Paolo Turati, Alberto Franco